Chef Fabrizio Ferrari

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con la giuria tecnica de Il Palio dell’Agnolotto 2019: gli chef ci hanno raccontato del loro rapporto con la cucina tradizionale, con i sapori della gastronomia locale e ci hanno parlato delle loro aspettative per questa seconda, attesissima edizione.

 

Fabrizio Ferrari, pavese, classe 1965.
Lombardo DOC, dopo diverse esperienze in Italia e all’estero, conquista la stella Michelin nel 2010 e la mantiene fino al 2013 quando decide di lasciare Bergamo e il suo ruolo di executive chef presso il Roof Garden.
Un piccolo intermezzo francese e poi il ritorno in Italia: guida la cucina di Terrazza Triennale Osteria a Milano e nel 2016 approda a Unico Milano.

Oggi si occupa di diverse consulenze e sta lavorando a un nuovo progetto su Milano dove continuerà a stupire i suoi ospiti con esperimenti gustativi sorprendenti e avanguardistiche tecniche di cottura, da sempre suoi cavalli di battaglia.

 

  1. Ci racconti il suo rapporto con la cucina del territorio dell’Oltrepò:

Sono nato a pochi chilometri dal Po’ e la mia storia con la gastronomia è una storia d’amore elettiva.

Fin da ragazzino sono stato affascinato dai profumi della cucina della bisnonna e della nonna, il profumo del brodo di gallina della domenica. La matrice della mia cucina è sempre stata, ed è ancora, la cucina povera lombarda: è dai prodotti della terra, magistralmente lavorati, che sono nati i piatti di base della cucina regionale, della cucina aulica e poi dell’alta cucina.

L’agnolotto per noi è espressione e massima rappresentazione del territorio: dalla Lomellina all’Oltrepò ogni provincia o addirittura ogni zona ha la sua versione di pasta ripiena, raviolo o agnolotto. Solo in provincia di Pavia possiamo trovarne una quindicina senza esagerare.

 

  1. Quali sono gli ingredienti tipici del territorio che utilizza più spesso nei suoi piatti?

Le erbe di campo che fanno parte del nostro sapere e tradizione – ai più sconosciuti, anche se fortunatamente alcune sono state riscoperte negli ultimi anni – la polenta, gli animali da cortile. Ma soprattutto il riso, sono diventato quasi un brand ambassador del risotto! Ho rivisitato le varie fasi della cottura eliminando alcuni elementi ma restando legato alla tradizione: brodo perfetto, completo e saporito e mantecatura con burro Grano Padano.

  1. Com’è stata l’esperienza in giuria de Il Palio dell’Agnolotto e qual è il valore aggiunto di questo concorso?

Sono stato coinvolto fin dalla prima edizione da Elena Passadori di Chicco Emdbir.

Al di là della valenza importante dell’evento e del suo risvolto benefico a sostegno del progetto per l’Etiopia, il Palio dell’Agnolotto è una ventata di novità in grado di rendere giustizia a un territorio con tantissime peculiarità e punti di interesse.

L’Oltrepò non ha nulla da invidiare ad altre zone d’Italia ma nonostante gli ultimi 15 anni siano nate esperienze interessanti e fattive e la mentalità degli operatori stia evolvendo, fa ancora fatica a far parlare di sé.

I temi d’interesse sono diversi, dal vino allargandosi a tantissimi altri argomenti fra i quali la nostra tradizione gastronomica.

 

  1. Crede che il Palio possa essere occasione per iniziare un percorso coeso tra le varie realtà dell’Oltrepò? Crede che ce ne sia bisogno?

A mio parere le varie realtà devono cominciare ad avere più coscienza del loro valore e delle potenzialità del territorio.

Ci sono realtà nate in tempi recenti che sono diventate grandi eccellenze della tradizione enologica perché hanno saputo fare squadra – sto pensando ad esempio alla Franciacorta, conosciuta oggi a livello mondiale grazie alla visione di pochi illuminati.

Quel che serve è fare squadra, sapersi vendere ed essere in grado di comunicare il proprio prodotto e il proprio territorio.

Quini ben vengano le iniziative come il Palio.

 

  1. Cosa si aspetta dalla nuova edizione?

La prima edizione è nata senza che avessimo nessuna esperienza precedente ed è andata benissimo, oltre le aspettative.

Il mio contributo più importante è stato sicuramente coinvolgere Silvano Vanzulli, amico e collega eccelso, presente sul territorio anche se “acquisito”, che è stato Chef di uno dei più grandi Ristoranti che ha avuto l’Oltrepò.

Grazie alla sua conoscenza capillare del territorio e alla sua esperienza abbiamo potuto creare la trama della prima edizione e coinvolgere molti ristoratori. Lui ha messo insieme i pezzi del motore che quest’anno andremo a potenziare per la seconda edizione, con l’obiettivo che ci porti a una terza, una quarta eccetera.

Speriamo la partecipazione sia sempre maggiore e di replicare il successo, sempre con l’obiettivo di far parlare del territorio e delle specialità gastronomiche, creando una storia che possa proseguire e crescere.